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Recensioni, Teatro, Teatro

Che meraviglia questo disastro!

disastro

Che disastro di commedia

Teatro Manzoni

29 gennaio 2019. Prima

Arriva al Teatro Manzoni la commedia più “disastrosa che ci sia”!

Che Disastro di Commedia racconta la storia di una compagnia teatrale amatoriale che, dopo una serie di spettacoli fallimentari, tenta di produrre un ambizioso spettacolo, “Delitto a Villa Aversham”, che ruota intorno a un misterioso omicidio perpetrato negli anni ’20, nel West End.

La storia si svolge tutta nel salotto vittoriano della casa elegantemente arredato: al centro una dormeuse su cui viene ritrovato il cadavere che sarà oggetto di indagine; intorno, un caminetto, un’ampia libreria, un soppalco con sopra lo studio del padrone di casa (il morto); due tavolinetti bassi; un interfono collegato ad un altro nello studio; un grande orologio a pendolo con sportello; un quadro raffigurante un cane; uno stemma araldico; una porta e un’ampia finestra coperta da una grande tenda rossa. Su tutto domina un grande lampadario a ruota in legno con grandi lampade. In In scena, al lato del palco, la postazione di regia (!!!): già da qui dovremmo capire che qualcosa non quadra.

Ogni cosa sembra aver un posto e invece si rivela, già prima dell’inizio dello spettacolo, a sipario aperto, fragile.

Sarà solo l’inizio di un’avventura rocambolesca; mentre gli attori recitano le proprie parti la scenografia lentamente, ma inesorabilmente collassa su se stessa.

La mensola del camino si stacca costantemente; la porta si apre da sé quando dovrebbe rimanere chiusa e resta chiusa quando dovrebbe aprirsi; i pezzi i arredamento crollano inesorabilmente a terra, così come il quadro e lo stemma; il soppalco rischierà il crollo totale e così via.

Tutto accadrà in un susseguirsi concitato fino al parossismo.

Gli attori tenteranno goffamente di far fronte a questo cataclisma cercando di parare ogni colpo che spesso arriverà in piena faccia causando svenimenti improvvisi.

Come se non bastasse la compagnia recita in maniera amatoriale, tra vuoti di memoria, parole scritte sulla mano, battute recitate con troppa enfasi oppure atone, fino ad arrivare a saltare una battuta che porterà ad una recitazione asincrona o a ripetere una scena fino all’esasperazione.

Ci si metterà anche il regista a mandare le musiche sbagliate o a mandare in ritardo certi effetti.

Gli attori accuseranno mano a mano i colpi andando in confusione e creando situazioni tragicomiche.

Che Disastro di Commedia è uno spettacolo a dir poco esilarante: il ritmo è incessante, i tempi comici stretti e perfetti. Elementi, questi, che oltre a sottolineare l’ilarità impetuosa dello spettacolo, rivelano la bravura dei bravissimi attori (quelli veri) in scena.

Un impegno notevole di concentrazione e resistenza fisica, che nemmeno due ore di CrossFit possono eguagliare! Tutto è studiato nei minimi particolari, ogni passaggio deve essere perfetto, ogni posizione e scambio puntuali e precisi: non si deve sbagliare a sbagliare!

C’è anche una ulteriore chiave di lettura di questo spettacolo: fermo restando il carattere impetuoso, travolgente ed esilarante, lo spettacolo gioca sull’essere attore, mettendo in risalto la paura di sbagliare, ma anche le relazioni tra membri di un cast dove l’ambizione può portare ad una competizione scorretta (come dimostrano i due personaggi femminili).

Di questo splendido gruppo di attori si può dire solo bene: Luca Basile, Alessandro Marverti, Valerio Di Benedetto, Yaser Mohamed, Marco Zordan, Stefania Autuori, Viviana Colais, Gabriele Pignotta sono abili, agili, energici, espressivi, surreali, coinvolgenti.

Ce ne è uno che nella replica di ieri non arrivava come gli altri, recitando battute non sempre comprensibili…ma la storia è un giallo e non è possibile svelare chi sia.

Tre annotazioni. L’uso della scenografia è pazzesco e ci si chiede come possa resistere a questi colpi per tutte le repliche dello spettacolo.

A sorpresa si assisterà ad un numero di magia.

I costumi sono davvero belli, in perfetto stile Old England.

 

AB Management

presenta

Che disastro di commedia

Di Henry Lewis, Jonathan Sayer, Henry Shields

Traduzione Enrico Luttmann

Regia Mark Bell

Con Luca Basile, Alessandro Marverti, Valerio Di Benedetto, Yaser Mohamed, Marco Zordan, Stefania Autuori, Viviana Colais

e la partecipazione di Gabriele Pignotta

 

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Comunicati stampa, Teatro

TEATRO ELISEO: ‘I fratelli Karamazov’ con Glauco Mauri e Roberto Sturno diretti da Matteo Tarasco, dal 5 al 17 febbraio 2019

I FRATELLI KARAMAZOV- Mauri Sturno

Teatro Eliseo

Da martedì 5 a domenica 17 febbraio 2019

                   Foto di Manuela Giusto

Glauco Mauri e Roberto Sturno

I FRATELLI KARAMAZOV-foto Manuela Giusto-2272

in

I fratelli Karamazov

di Fëdor Dostoevskij

con (in ordine di entrata)

Paolo Lorimer, Pavel Zelinskiy, Glauco Mauri, Roberto Sturno,

Laurence Mazzoni, Luca Terracciano, Giulia Galiani, Alice Giroldini

scene Francesco Ghisu

costumi Chiara Aversano

musiche Giovanni Zappalorto

luci Alberto Biondi

Regia Matteo Tarasco

Produzione Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno – Fondazione Teatro della Toscana

Dostoevskij non giudica mai: racconta la vita anche nei suoi aspetti più negativi con sempre una grande pietà

per quell’essere meraviglioso e a volte orrendo che è l’essere umano

Per ben due volte la nostra compagnia ha raccontato Dostoevskij. Due assoluti capolavori: ‘L’idiota’ e ‘Delitto e castigo’. Dostoevskij, Shakespeare e Beckett sono stati i tre grandi autori che mi hanno aiutato a tentare di capire la vita: la immensa tavolozza dei colori dell’animo umano di Shakespeare, la tragedia del vivere che diventa farsa e la farsa del vivere che diventa tragedia di Beckett e Dostoevskij che mi ha fatto capire la magnifica responsabilità che ha l’uomo di comprendere l’uomo.

Dostoevskij non giudica mai: racconta la vita anche nei suoi aspetti più negativi con sempre una grande pietà per quell’essere meraviglioso e a volte orrendo che è l’essere umano.

La famiglia Karamazov devastata da litigi, violenze, incomprensioni, da un odio che può giungere al delitto, oggi come oggi appare, purtroppo, un esempio di questa nostra società così incline all’incapacità di comprendersi e di aiutarsi. Anche il sentimento dell’amore spesso viene distorto in un desiderio insensato di violenza.

Così sono i Karamazov – Così siamo noi?

Ma Dostoevskij è un grande poeta dell’animo umano e anche da una terribile storia riesce a donarci bellezza e poesia.

Glauco Mauri

La Compagnia Glauco Mauri-Roberto Sturno in collaborazione con il Teatro della Toscana-Teatro Nazionale mette in scena I Fratelli Karamazov, l’ultimo grandioso romanzo scritto da Fëdor Dostoevskij. Di questo allestimento, versione teatrale di Glauco Mauri e Matteo Tarasco, frutto di un grande lavoro di smontaggio e rimontaggio dei capitoli fondamentali del romanzo, la regia è di Matteo Tarasco.

Glauco Mauri, che da giovanissimo (22 anni) ottenne un grande successo personale nel ruolo del fratellastro-servo Smerdjakov diretto da Andrè Barsacq, accanto a Memo Benassi, Lilla Brignone, Gianni Santuccio, Enrico Maria Salerno, è oggi il dissoluto e senza scrupoli Fëdor Pavlovič Karamazov. Roberto Sturno dà voce e corpo a Ivàn Karamazov, il più intellettuale e tormentato dei fratelli. Accanto a loro: Paolo Lorimer, Laurence Mazzoni, Pavel Zelinskiy, Luca Terracciano, Giulia Galiani, Alice Giroldini.

Le scene sono di Francesco Ghisu, i costumi di Chiara Aversano, le musiche di Giovanni Zappalorto, le luci di Alberto Biondi.

Dostoevskij per i suoi romanzi traeva spunto dalle cronache e dai casi giudiziari del suo tempo, ma anche dalle traumatiche esperienze personali, la morte violenta del padre, la propria condanna a morte, poi commutata ai lavori forzati in Siberia, il suo stesso tormento religioso: “Il tema principale de I Fratelli Karamazov è lo stesso di cui ho sofferto consciamente o inconsciamente per tutta la vita: l’esistenza di Dio”.

La storia de I Fratelli Karamazov ruota attorno ai complessi rapporti della famiglia Karamazov, sotto l’apparenza da canovaccio di un romanzo giallo cela il dramma spirituale che scaturisce dal conflitto tra la fede e un mondo senza Dio.

“L’ultimo romanzo di Fëdor Dostoevskij – scrive Matteo Tarasco nelle sue note – ha la grandezza e la forza di un inferno dantesco, è una comédie humaine alla russa, dove bestie umane si agitano sulla scena del mondo, dove il denaro, il fango e il sangue scorrono insieme. Una storia assoluta, spietata, estrema, senza margini di riscatto”.

Le vicende della famiglia Karamazov, i loro feroci conflitti nel cui contesto matura l’assassinio di Fëdor, il capofamiglia, e il conseguente processo nei confronti di Dmitrij, il figlio primogenito accusato del parricidio, appassionarono i lettori del “Messaggero Russo”, il giornale dove, da gennaio 1879 alla fine del 1880 (pochi mesi prima della morte dello scrittore), il romanzo fu pubblicato a puntate. L’ansiosa attesa dei numerosi lettori dell’uscita sulla rivista dei nuovi capitoli del romanzo, per conoscere lo sviluppo dei complotti, intrighi e amori libertini che ruotano attorno alla famiglia Karamazov, si può paragonare all’attesa e al successo delle serie televisive più amate dei nostri giorni.

Ultimo lavoro di Dostoevskij I Fratelli Karamazov è senza dubbio il romanzo più complesso della narrativa dostoevskiana, uno straordinario viaggio nei massimi problemi etici. Il capitolo Il racconto del Grande Inquisitore è uno dei vertici della letteratura universale.

Fortunate in tutto il mondo le trasposizioni teatrali, cinematografiche e televisive. In Italia non si è mai spenta l’eco del successo dello sceneggiato I fratelli Karamazov diretto da Sandro Bolchi trasmesso dalla Rai nel 1969.

Note di regia

I fratelli Karamazov è un romanzo cupo e disperato, che oscilla pericolosamente nell’incerto territorio in cui danzano avvinghiati Eros e Thanatos; è una storia assoluta, spietata, estrema, senza margini di riscatto, senza limiti, un duello tra uomini completamente sopraffatti dai nervi e avvinghiati in un ineludibile legame economico.

Con il rigore di un giudice istruttore, lo scrupolo di uno scienziato e l’insistenza di un investigatore, Fëdor Dostoevskij ci conduce in un viaggio negli abissi oscuri dell’animo umano, descrivendo un mondo che perde i suoi referenti culturali e svilisce i valori etici più profondi, un mondo ove l’interesse personale diviene la mozione primaria d’ogni atto, ove trionfa il soddisfacimento sfrenato del desiderio.

L’ultimo romanzo di Fëdor Dostoevskij ha la grandezza e la forza di un inferno dantesco, è una comédie humaine alla russa, dove bestie umane si agitano sulla scena del mondo, dove il denaro, il fango e il sangue scorrono insieme.

Dostoevskij sembra scagliare un monito all’umanità ferita e spaesata: “conoscerai un grande dolore e nel tuo dolore sarai felice. Cerca la felicità nel tuo dolore”.

Oggi la lingua non è più del cuore, come diceva Paracelso, ma della mente. La parola sembra soccombere nelle paralizzanti spire dell’ossessione comunicativa, stritolata da un’angoscia semantica.

Proprio per questo ci sembra necessario rileggere e mettere in scena il capolavoro di Dostoevskij che ci restituisce il coraggio di essere nuovamente eloquenti e profondamente umani.

Matteo Tarasco

Durata: 2 ore e 30 intervallo compreso

Personaggi e interpreti

Fëdor Pavlovič Karamazov Glauco Mauri

Ivàn Karamazov Roberto Sturno

Starec Zosima Paolo Lorimer

Dmitrij Karamazov Laurence Mazzoni

Alekséj Karamazov Pavel Zelinskiy

Smerdjakov Luca Terracciano

Katerina Ivanova Giulia Galiani

Grušen’ka Alice Giroldini

Tournée

Debutto nazionale Firenze Teatro della Pergola 29 gennaio 2019

TEATRO ELISEO

Da martedì 5 a domenica 17 febbraio 2019

Orario spettacoli:

martedì, giovedì, venerdì e sabato ore 20.00

mercoledì e domenica ore 17.00

Biglietteria tel. 06.83510216

Giorni e orari: lun. 13 – 19, da martedì a sab 10.00 – 19.00, dom 10 – 16

Via Nazionale 183 – 00184 Roma

Biglietteria on-line www.teatroeliseo.com e www.vivaticket.it

Call center Vivaticket: 892234

Prezzo da 15 € a 35 €

UFFICIO STAMPA TEATRO ELISEO

Maria Letizia Maffei

335.6467974 ml.maffei@teatroeliseo.com

Antonella Mucciaccio

347 4862164 a.mucciaccio@teatroeliseo.com

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Recensioni, Teatro, Teatro

Sulle Spine: un noir drammatico e divertente

spine

Sulle Spine: un noir psicologico drammatico e divertente ottimamente scritto con un eccelso Urbano Barberini

Auditorium Parco della Musica

26 gennaio 2019

Liberarsi degli altri per non continuare ad essere trafitti.

SULLE SPINE - Foto 2 (ph. Carlo De Gori)

Nonostante sia un testo del 1997 ampiamente rappresentato, Sulle Spine è uno spettacolo ancora attualissimo nel tema, nel linguaggio e nella drammaturgia, tanto da far pensare a chi l’abbia conosciuto così tardi di essere stato allora detonante e molto “avanti”.

Sulle Spine, scritto e diretto da Daniele Falleri ed eccelsamente interpretato da uno splendido e inossidabile Urbano Barberini, è un testo psicologico divertente e drammatico allo stesso tempo, così come la vita stessa riesce spesso a porci davanti a situazioni talmente critiche da risultare buffe e surreali.

Silio è un attore affermato: lo dice lui, con orgoglio e convinzione. In realtà è un uomo incompleto e irrisolto: sessualmente indeciso, con un passato da bullizzato, il peso di una madre ossessiva che non lo ha mai incoraggiato né apprezzato, di un padre probabilmente assente e un fratello che lo ha ignorato se non disprezzato. Nemmeno l’attuale analista sembra troppo preso da lui.

Silio è un uomo in cerca dell’affetto che gli è sempre stato negato. Ad un certo punto della propria vita decide di recuperare tutta insieme la propria dignità e smettere di farsi mettere i piedi in testa da tutti. Attiverà un piano, lucido e folle, per capovolgere gli eventi a proprio favore, riuscendo a passare indenne attraverso una serie di eventi tragici, ma dalle modalità incredibilmente divertenti.

Sulle Spine è un noir psicologico ottimamente scritto. I processi mentali complessi del personaggio sono perfettamente esposti e comprensibili. Si riesce ad entrare nella  sua mente e a seguirne la logica tutta sua, eppure non lo si possiede mai abbastanza. Ogni volta stupisce cambiando direzione o portando all’esasperazione gli eventi in un finale improvviso e inaspettato.

I tempi sono eccellenti nel loro alternarsi tra introspezione ed eiezione, tra thriller e comicità, lasciando ogni volta lo spettatore “sulle spine”; le battute sono fulminanti.

Nonostante la presenza di un altro attore in scena, Sergio Valastro, Sulle Spine è un monologo.

Il monologo è la forma dell’introspezione: rispecchia la solitudine del personaggio, ne rappresenta pensieri, paure e aspirazioni. E’ una riflessione con se stessi ad alta voce e si sa, quando ci si rivolge a se stessi si è spesso comici e surreali, pensando o facendo cose che sono naturali per noi, ma sarebbero illogiche o incomprensibili per gli altri.

Il monologo è anche catartico: parlando con se stesso, entrando nella profondità dell’Io, il protagonista sconfigge i propri fantasmi, i mostri che lo divorano, in questo caso non solo metaforicamente.

Urbano Barberini è coinvolgente e travolgente: il suo personaggio passa con assoluta naturalezza dall’insofferenza alla sicurezza, dalla frustrazione al dominio di sé, trasformandosi da vittima in carnefice, suscitando anche una certa adesione da parte dello spettatore che può ritrovare nei vari mostri evocati sul palco quelli della propria vita che vorrebbe trovare il modo di neutralizzare.

Conferisce al personaggio di Silio mille colori e sfaccettature: l’eleganza, la sicurezza e allo stesso tempo la nevrastenia, rispettando perfettamente i tempi del giallo e quelli comici giocando poi col trasformismo.

La scenografia è essenziale, ma efficace e utilizzata con suggestione.

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Sulle Spine

Noir psicologico da morire dal ridere

Scritto e diretto da Daniele Falleri

con Urbano Barberini

e Sergio Valastro

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