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Musical, Recensioni, Teatro, Teatro

L’Ultima Strega al Brancaccio

l'ultima strega

Teatro Brancaccio

27 ottobre 2016. Prima

A tre anni di distanza dalla prima messa in scena, L’Ultima Strega torna al Teatro Brancaccio di Roma con un cast in buona parte rinnovato, nuove orchestrazioni e debutta con grandissima energia riscuotendo un enorme successo.

L’Ultima Strega nasce da un’idea di Marco Spatuzzi, Andrea Scordia e Raffaella Misiti ed è scritto da Marco Spatuzzi e Andrea Palotto, che ne è anche il regista.

Ispirato ad una vicenda reale, lo spettacolo racconta la storia di Anna Goeldi, ultima donna ad essere uccisa in Europa perché accusata di stregoneria. Il pretesto del racconto viene fornito da due giornalisti dei nostri giorni che, attraverso un libro ricevuto in dono, immaginano la storia di Anna Goeldi, romanzando la realtà. Ci riportano così in Svizzera, nella Glarona del 1782, epoca in cui si svolgono i fatti raccontati.

“Chi è Anna Goeldi?” è la domanda che da subito tutti si porranno nel piccolo paese dove è arrivata. Lei, così diversa da tutte le altre donne, che non esita a ballare in piazza con un giovane oppure con un uomo sconosciuto. Anna Goeldi è una donna colta, proviene infatti da una famiglia benestante; è una donna forte, emancipata, volitiva, ma non per questo rigida o scontrosa, bensì solare e gentile. Ha un forte istinto materno non realizzato. Però, Anna Goeldi è anche una donna misteriosa: nessuno sa, infatti, perché sia arrivata a Glarona.

Anna, che è stata segnata profondamente da un’esperienza tragica, non cerca il riscatto o la rivalsa,   ma è una donna che con coraggio cerca la verità. Il suo modo di essere aperta, lucida e determinata, le farà incontrare la simpatia e la fiducia del giovane Lucas, fabbro del paese, e farà innamorare Leopold, il panettiere. Allo stesso tempo, però, la sua spiccata intelligenza e arguzia la faranno scontrare col dott. Tschudi, medico e giudice del paese, uomo fieramente e rigidamente illuminista che tira le fila della vita a Glarona.

L’Ultima Strega non è solo questo: racconta molto di più, ma aggiungere altro sulla storia vorrebbe dire rovinare l’effetto sorpresa di questo splendido thriller musicale.

L’Ultima Strega è un capolavoro drammaturgico di Andrea Palotto che ha la meravigliosa capacità di creare storie affascinanti e coinvolgenti, diverse tra loro e di intrecciarle con grandissima abilità, unendo realtà e finzione in un perfetto equilibrio ricco di suggestione.

Le opere di Palotto sono dei mosaici perfetti in cui ogni tassello è fondamentale in sé e determina, nella composizione con gli altri, il senso generale. Allo stesso tempo, queste tessere, ognuna dotata di una propria individualità compiuta, rimescolate come lui sa fare, danno vita non ad una sola figura, ma ad una serie di geometrie diverse, fornendo di volta in volta significati differenti.

L’intenzione di fondo di Palotto, condivisa da Marco Spatuzzi, è quella di fornire spunti, non soluzioni: il testo, infatti, apre ad una serie di domande alle quali gli autori stessi non intendono dare risposte precostituite, ma è soggetto a diverse interpretazioni a seconda del punto di vista da cui lo si guarda.

L’Ultima Strega stimola l’attenzione dello spettatore, coinvolgendone l’interesse, lasciando, però, aperte diverse chiavi di lettura. Sono tanti e importanti i temi affrontati: l’amore (in varie sue declinazioni), il Caso, la Fede, la Ragione, il rapporto tra verità e verosimiglianza, l’emarginazione, la paura dello straniero.

La drammaturgia è di gran livello, ottimamente scritta e ben strutturata semanticamente: la parola si fa veicolo di senso, il segno di significato. E’ affascinante l’uso che Palotto riesce a fare della parola riuscendo a collegare gli eventi anche su linee temporali diverse.

Allo stesso modo la musica di Marco Spatuzzi fa da tessitura e substrato a questa fitta trama drammaturgica alla quale si unisce diventando testo essa stessa. Le parti musicali, infatti, non sono accessori o abbellimenti, ma sottolineano momenti particolari dello spettacolo, dando risalto alle scene ed evidenziando l’emotività del testo. La musica dona così alla parola la capacità di travalicare se stessa e diventare pura emozione.

Ne è prova, per esempio, l’importante ruolo dell’ensemble che, non resta sullo sfondo, ma è protagonista: è presenza vera ed importante, è parte integrante di un racconto. E’ coro greco: sono le voci di Glarona, sono la diffidenza del popolo, la sua paura, la sua cattiveria; è la coscienza messa a tacere. A dare vita, corpo e voce a questa storia sul palco, un gruppo di lavoro che ha dimostrato una grandissima energia e fortissima sinergia.

Valeria Monetti è Anna Goeldi. Valeria è immensa, così presa, coinvolta e sempre precisa. Ha una presenza scenica che lascia il segno, si avverte ogni vibrazione dell’animo del suo personaggio. Va riconosciuto il merito a questa grandissima attrice dalla voce potente e meravigliosa, di riuscire ad interpretare ogni personaggio sempre in maniera diversa. Valeria dimostra la grandissima passione per quello che fa, la sua enorme professionalità e, non ultimo, il suo rispetto per il pubblico adattando ogni volta se stessa al personaggio, modulando gestualità, voce e intenzione a seconda del ruolo. Valeria è ogni volta chi interpreta e non il contrario.

Cristian Ruiz è Johan Jacob Tschudi, il medico giudice di Glarona, sposato con Teresa e padre di Sara. Cristian è sempre Cristian, non c’è che dire. Per lui ancora un personaggio forte, determinato, saldo nelle sue convinzioni. Cristian dimostra di trovarsi a proprio agio in questi ruoli così lontani dal suo modo di essere che riesce a tratteggiare con grande forza e carica emotiva.

Valentina Arena è Teresa, la moglie del dott. Tschudi. Un’interpretazione sublime di questa dotata ragazza che è una grande attrice ed una eccezionale cantante.

Mikol Barletta fa qui il suo esordio teatrale con il ruolo di Sara, figlia dei coniugi Tschudi e molto legata ad Anna. Mikol porta nel personaggio tutta la freschezza e le genuinità dei suoi quindici anni, ma caricandola di un’interpretazione intensa e convincente.

Giulio Corso è Lucas, il giovane fabbro che si innamora di Sara e fa riferimento ad Anna per farsi aiutare nel conquistarla. Giulio dà qui un’altra prova di grande bravura, vestendo i panni del ragazzo buono, ingenuo e timido, caratterizzato da una divertente balbuzie, dando dimostrazione di un bel lavoro fatto sulla gestualità e l’espressione verbale. Senza tralasciare la freschezza e la potenza della sua voce nel cantato.

Lorenzo Gioielli è un grande. Il suo Padre Mottini, pastore di Glarona, è un uomo fiero e rigido. Lorenzo lo veste di sé, accompagnandolo in un percorso anche interno, personale, dandogli quella fierezza che verso la fine diventerà altro.

A Simone Colombari spetta un ruolo difficile: lui è Leopold, il panettiere dolce e buono innamorato di Anna, che la corteggia con goffaggine e a suon di frasi che fanno sempre riferimento al suo mestiere. A lui, come anche alla coppia che citerò a seguire, è affidata la parte comica dello spettacolo, compito che Simone svolge con precisione scatenando l’ilarità dei presenti. Il suo personaggio, che sembra leggero, ha, in realtà, una funzione determinante nella creazione di certe dinamiche. La bravura di Simone sta nel mantenersi costantemente spontaneo senza diventare mai caricaturale.

Come lui, ma in maniera diversa, anche Alessandro Tirocchi e Maurizio Paniconi svolgono il ruolo di far cambiare di tanto in tanto direzione alla storia, regalando momenti di divertimento. Essi sono sia i giornalisti da cui prende avvio lo spettacolo e che guidano un po’ la storia, sia due personaggi della storia stessa: Alessandro è Albrecht, il consigliere anziano, Maurizio, invece, Carl, marito di Clara, una energica donna del popolo che sarà tra le prime nella caccia alla strega, interpretata da una potente e carismatica Daniela Simula.

Insieme a lei a dar vita a battibecchi fulminanti, ma spassosi, Manuela Tasciotti, nel ruolo di Marta Vart: i suoi sguardi e la tonalità della voce bastano a creare un personaggio molto pungente.

A seguire c’è il popolo, accusatore e giudice, composto da bravissimi artisti che si sono mossi in grande sintonia e hanno creato con le loro bellissime voci momenti concertistici molto armonici: Albachiara Porcelli (che interpreta anche il ruolo di Evelin), Rosy Messina, Angela Pascucci, Daniele Derogatis, Michelangelo Nari.

L’Ultima Strega è un musical drama, un thriller musicato, in cui, come già scritto, musiche e testi sono essi stessi drammaturgia. Oltre a Marco Spatuzzi, autore delle musiche, mi sembra doveroso citare anche le splendide orchestrazioni di Alessandro Taruffi e la mirabile esecuzione dal vivo dell’orchestra composta dal direttore musicale Andrea Scordia al basso, Tiziano Cofanelli alla batteria e Federico Zylka alla tastiera.

Per quanto riguarda le scenografie, Gianluca Amodio ce ne regala sempre di bellissime e curate: qui, una costruzione a due piani, posizionata su un pannello girevole, con una lunga scala che sale intorno per la metà, è ogni volta casa degli Tschudi, confessionale di Padre Mottini, chiesa, camera da letto, officina e così via. Dall’altro lato, delle sedute compaiono e scompaiono all’occorrenza. Ogni cambio scenografico avviene con grande fluidità e naturalezza senza creare alcuna interruzione.

Completano il cast tecnico i costumi di Bianca Borriello, il bellissimo disegno luci di Daniele Ceprani e il contributo di Emanuela Maiorani come aiuto regia.

L’Ultima Strega

musical drama di

Andrea Palotto e Marco Spatuzzi

con Valeria Monetti, Cristian Ruiz, Giulio Corso, Mikol Barletta, Lorenzo Gioielli, Simone Colombari, Alessandro Tirocchi, Maurizio Paniconi, Daniela Simula Manuela Tasciotti Rosy Messina, Albachiara Porcelli, Daniele Derogatis, Michelangelo Nari, Angela Pascucci.

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Interviste, Musical, Teatro, Teatro

Intervista a Cristian Ruiz

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L’Ultima Strega, spettacolo di Andrea Palotto e Marco Spatuzzi, debuttò tre anni fa nelle Marche e fece poi delle date a Roma e a Milano che videro un grandissimo successo di pubblico e critica.

Ora torna con un cast parzialmente rinnovato e c’è una grandissima attesa da parte sia di chi lo ha già visto sia di chi non lo ha visto, ma ne ha sentito parlare.

La storia è quella di Anna Goeldi, l’ultima donna in Europa ad essere stata uccisa perché condannata per stregoneria.

In occasione dell’allestimento al Teatro Brancaccio per il debutto del 27 ottobre del 2016, ho avuto l’occasione di intervistare il protagonista maschile, Cristian Ruiz.

Cristian, torni dopo tre anni con L’Ultima Strega, con un cast parzialmente rinnovato. 

Sì è un po’ come uno spettacolo nuovo. Sono passati tre anni, alcuni compagni di viaggio sono nuovi e sono cambiate tante cose. E’ cambiato totalmente anche il testo della mia canzone il cui titolo è passato da Un Piatto Freddo a A Sangue Freddo ed è stata un’avventura impararlo di nuovo, perché una volta che hai un testo nella memoria in un modo, poi è decisamente più difficile impararlo in un altro.

Il tuo personaggio è Johan Jakob Tschudi, un uomo realmente esistito e protagonista della storia. Raccontaci di lui.

Sì, Tschudi è un personaggio storico realmente esistito, come Anna Goeldi. E’ un medico e giudice di Glarona che ha delle idee illuministe. In questo paesotto è l’unica persona che viaggia e conosce quello che accade in Europa e che, come tutte le persone politicamente impegnate, utilizza machiavellicamente le proprie idee e chissà in questa occasione come si comporterà con Anna Goeldi.

Il tuo è un personaggio che resta fedele a se stesso per tutto il tempo. Che tipo è? Cosa vuole?

Tschudi vuole mantenere la stabilità della sua famiglia. Tutto quello che viene dall’esterno può rappresentare un pericolo soprattutto per tutti i non detti che ci sono nelle famiglie e alla fine un paesotto è un po’ come una grande famiglia, dove tutti sanno tutto di tutti e mantenere qualcosa segreto è molto difficile, soprattuto se viene qualcuno dall’esterno che vede le cose in maniera diversa e cerca di capire quali sono gli intrecci di questo paesotto. 

Però così sembrerebbe solo una persona che vuole mantenere l’ordine, invece mi sembra di aver capito che sia anche un po’ cattivo.

Sicuramente è una persona molto lucida e che farebbe di tutto per arrivare ai suoi scopi. E’ una persona abbastanza senza scrupoli. Ha vissuto un’infanzia di povertà, poi ha sposato una donna abbiente che gli ha permesso di arrivare dove è arrivato.

Quale è il tuo modo di dargli faccia, di dargli espressione?

Lui ha un’idea molto lucida del progresso. Da un punto di vista dell’esteriorità, di quello che gli altri vedono, è assolutamente un illuminista, ha il polso della situazione di quello che sta avvenendo in Europa.

La moralità non gli appartiene, appartiene più alla chiesa. Lui non è preoccupato dell’aspetto politico e del progresso che sta prendendo piede sempre di più. Semmai è più Padre Mottini (il curato del paese) a preoccuparsi della moralità delle cose, ed è proprio in questo il loro scontro.

Tschudi è un politico e utilizza la paura della gente.

L’Ultima Strega è anche uno spettacolo politico, è una lotta fra poteri, fra il potere della Chiesa, il potere temporale e il potere della donna, che si cominciava a far sentire, ma viene totalmente scalzato nel suo primo vagito.

E’ davvero una storia di lotta dei sessi. Una donna che cerca di affermare la propria dignità con la propria scaltrezza, col proprio saper fare, saper creare, ma viene contrastata dall’uomo con la forza e la manipolazione delle menti degli altri.

Da dentro, come stai vivendo questo personaggio?

Come un uomo che difende ciò che crede appartenergli e anche proprio come politico. Mi sono ispirato al modo dei politici di attaccare più che di proporre, cercando di sotterrare gli altri.

Quindi lui non ce l’ha con Anna nello specifico.

No. Lei è capitata nel momento  e nel luogo sbagliato. Poteva essere chiunque altro. 

Allora Tschudi smuove l’opinione pubblica contro Anna non per colpa di lei, perché rappresenti una minaccia.

No. Lei è una donna che sa più delle altre, che non si lascia manipolare, comandare, influenzare. Lei, in quel momento, è un pericolo. E’ talmente empatica con la gente che potrebbe sostituirsi a Tschudi nelle preferenze della gente e far insorgere il dubbio nell’opinione pubblica.

L’unico modo che ha lui per soggiogarla è, inizialmente, il sesso. Quando lei non si lascia sottomettere, l’unica altra alternativa è eliminarla.

L’Ultima Strega è un testo molto articolato, che racconta più storie e può essere interpretato da più punti di vista.

Sì, è un testo complesso, articolato: ci sono tanti personaggi, tanti modi vivere e di vedere. Le letture sono davvero tante. E’ un testo molto attuale. Anche il pettegolezzo: lo vediamo tutti i giorni al telegiornale cosa accade quando le persone rendono pubblici fatti privati manipolando l’opinione pubblica.

Raccontami la struttura di questo spettacolo.

E’ un racconto drammatico musicato. C’è tanta musica perché ci sono tanti personaggi che cantano, ma ognuno ha pochi interventi cantati. Andrea scrive in maniera molto dilatata i personaggi, cosicché ognuno abbia qualche cosa da dire. L’importanza della musica è fondamentale, ma non è un musical dovei ogni due pagine di copione c’è una canzone.

E’ stato definito come un musical drama.

Sì. C’è tanta drammaturgia, tanta recitazione.

Negli ultimi anni ti scelgono sempre per ruoli cattivi.

Pino (Processo a Pinocchio) non era cattivo. Aveva qualche problema. Però sì, mi piacciono questi ruoli così lontani da me, che mi permettono di essere qualcosa che in realtà non sono.

Ringrazio molto Cristian per la bella chiacchierata e vi invito ad andare al Teatro Brancaccio, dal 27 ottobre al 6 novembre 2016, per godere di questo bellissimo e originale spettacolo.

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Recensioni, Teatro, Teatro

Colombi in Caveman – L’Uomo delle Caverne

cave

Teatro Quirino

24 ottobre 2016

Sei innamorato oppure al settimo anno di matrimonio? Cerchi l’amore oppure ti stai per sposare? State per andare a vivere insieme? Ti conviene vedere Caveman!

Caveman è un famosissimo spettacolo che parla del rapporto tra i sessi ed è rappresentato in trenta paesi. In Italia è arrivato nel 2008 ed è ha avuto un successo contagioso che si è diffuso grazie al passaparola del pubblico.

Il testo originale, scritto da Rob Becker, è frutto di tre anni di studi di antropologia, psicologia, sociologia, preistoria e mitologia. L’adattamento e la traduzione italiani, per volontà dello stesso Rob Becker, sono stati curati da Maurizio Colombi, conosciuto come alfiere del family show in Italia e regista di spettacoli come Peter Pan, Rapunzel e tanti altri. La regia è affidata a Teo Teocoli.

Caveman è una sorta di prontuario per gli uomini per capire le donne e per le donne per capire gli uomini.

Lo spettacolo prende le mosse dal rapporto uomo donna nelle preistoria, quando l’uomo era cacciatore  e il suo unico scopo era catturare la preda, mentre la donna era raccoglitrice, dedita alla ricerca e raccolta di frutti e verdure oltre che al mantentimento dell’ordine nella caverna e nella famiglia.

Si delinea già dall’antichità, quindi, la propensione dell’uomo a pensare e di conseguenza a fare una sola cosa alla volta e la capacità della donna, invece, di occuparsi di più cose contemporaneamente.

Da questa fondamentale, atavica distinzione lo show continua presentando una serie innumerevole di esilaranti esempi che dimostrano come ancora ai nostri giorni la situazione sia immutata e anzi si sia consolidata in atteggiamenti paradigmatici. L’evoluzione ha portato l’uomo e la donna a sviluppare comportamenti diversi sulla base di queste primitive esigenze: gli uomini hanno sviluppato, così, la trattativa, le donne la collaborazione.

Colombi, partendo dalla preistoria, analizza usi e costumi nello specifico gli ultimi cinquant’anni, portando mirabili esempi nel confronto uomo-donna e nell’evoluzione specifica dell’uomo nella società, nel cinema e nella musica, analizzando movenze, atteggiamenti e modo di pensare.

Lo show presenta situazioni e comportamenti in cui ogni spettatore può fare facilmente identificarsi, ironizzare e divertirsi nel confronto con l’altro sesso affrontando stereotipi e luoghi comuni vicini al vissuto di ognuno, non solo giocandoci sopra, ma anche dando, a suo modo, una giustificazione evolutiva a certi atteggiamenti. Non mancano racconti di esperienze dirette e momenti di tenerezza indirizzati alla moglie.

Caveman è uno spettacolo del genere teatro-cabaret divertente e contagioso. Maurizio Colombi si rivela attore comico e coinvolge il pubblico, divertendo e divertendosi, interagendo con esso per due ore di show ad un ritmo incalzante, cantando, recitando e improvvisando.

Ad accompagnarlo in questo viaggio nel confronto uomo-donna la presenza sul palco di una band che oltre a creare sottofondi musicali dà vita ad un repertorio trascinante.

Intorno a loro  una scenografia alla Flinstones ricrea un salotto fatto di suppellettili di pietra: poltrona, tavolinetto, lampada, televisore con annesso mobiletto e telecomando, una cesta per i panni. Sullo sfondo, la rappresentazioni di due fondamentali graffiti rupestri.

Aggiungo una considerazione: Caveman non è solo il confronto tra l’universo maschile e quello femminile, ma anche uno specchio in cui uomo e donna dovrebbero riflettersi chiedendosi: “ma davvero io sono così?”.

 

Caveman

Di Robert Becker

Regia di Teo Teocoli

Con Maurizio Colombi

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