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Interviste, Teatro

INTERVISTA A GIANLUCA STICOTTI

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Gianluca Sticotti, cantante, attore, ballerino, perfomer teatrale e insegnante: aiutami a ricostruire il tuo percorso.

Nasci a Trieste e da subito ti dedichi allo studio della musica classica e del canto lirico.

Ho cominciato in realtà con lo studio degli strumenti, prima la chitarra e contemporaneamente il pianoforte, perché la chitarra non mi bastava. Ho cominciato con la chitarra elettrica perché tutti i mie compagni studiavano quella e dopo due mesi ho scelto la chitarra classica che ho studiato al Conservatorio.

Quando, esattamente, hai cominciato a suonare?

Il primo pianoforte l’ho toccato a 3/4 anni, perché mia zia è una concertista pianista molto brava e mi ha trasmesso questa passione per la musica; ma, in realtà, è solo stata una risposta ad un richiamo perché non ho mai pensato di poterne farne a meno.

Successivamente ho fatto al Conservatorio gli esami di Teoria e Solfeggio musicale; nel frattempo cantavo nelle voci bianche e in un coro gospel. Iintorno ai dodici anni, la mia insegnante di Teoria e Solfeggio musicale, che era una grandissima insegnante lirica e direttrice di coro lirico, mi ha spinto a provare e ho cominciato a studiare canto impostato perché per il lirico a dodici anni è troppo presto.

Però il mio tipo di voce tende naturalmente verso quello e avrei voluto fare Opera lirica da grande.

Tu hai lavorato tantissimo all’estero: che differenze ci sono con l’Italia?

Io lavoravo a Londra e lì l’attore di Musical è una professione riconosciuta; fare l’attore è un mestiere, qui in Italia è diverso. All’estero c’è ammirazione per la professionalità, è una cultura meravigliosa: a 4 anni puoi andare a studiare Musical, ma con quelli che lo fanno al West End come accade anche in America.

Perché sei tornato in Italia?

Perché mi hanno preso in Grease.

Mi sono detto: torno in Italia, mi faccio questa esperienza e tra un mesetto torno a Londra. Invece, non sono riuscito a lasciare lo spettacolo., che mi ha cambiato sotto tanti punti di vista.

Grease mi ha rapito.

Hanno continuato a cercarmi dall’estero; ho ricevuto tantissime chiamate dalla Germania; tra l’altro sento una forte componente tedesca dentro di me, però adesso non tornerei all’estero.

Perché ti piace quello che stai facendo, non perché l’Italia può offrirti qualcosa di più dell’estero?

No, è perché se ne stanno andando tutti e poi all’estero sta diventando ancora più difficile.

E’ vero che noi italiani nella danza, abbiamo una preparazione superiore.

La situazione fuori dall’Italia è diversa. Io, per esempio, non sono un ballerino: ho studiato danza, studio ancora danza, ma non sono un ballerino, invece all’estero il mio livello di danza è quello di un ballerino. Ora piano piano il livello si sta alzando anche fuori confine.

Se ci pensi, adesso molte produzioni tedesche, come Aladdin e Tarzan, hanno nel cast ballerini italiani.

All’estero ti chiedono perché un italiano, che si sa avere una preparazione superiore, debba lavorare fuori dal proprio Paese: non si rendono conto che la realtà italiana a livello musicale, a livello teatrale è povera.

Io, per esempio, faccio parte della Compagnia della Rancia e mi sento la persona più fortunata del mondo perché in Italia di compagnie così non ce ne stanno più e non voglio più andare via.

Inoltre la Compagnia della Rancia è la prima compagnia che ha investito su di me perché quest’anno mi ha dato un ruolo diverso, che poi è quello che io voglio fare nella vita, ed è il vocal coach.

Io sto studiando tantissimo per quello; non voglio mollare il mio mestiere sul palco però il richiamo che ho dall’altra parte è fortissimo. Io poi sono sempre più tecnico e mi rendo conto che tutto quello che prendo dal cast e dagli allievi mi fa crescere tanto e mi piace tantissimo.

Torniamo un passo indietro: vorrei conoscere il collegamento o come è avvenuto il passaggio dal canto lirico al Musical.

Allora prima ho studiato canto lirico, poi è venuta l’enorme passione per Stevie Wonder e i Queen; io ho sempre cantato Aretha Franklin, Stevie Wonder, Withney Houston, Freddie Mercury, tutti cantanti e tutte cantanti molto grandi e con voci molto estese, come se mi fossi cercato questo tipo di vocalità e più andavo avanti più mi rendevo conto che la chitarra classica non era abbastanza a livello musicale, canto lirico non era giusto e quindi mi sono innamorato della musica soul.

Da là ho avuto un rifiuto per la musica perché preparando l’ottavo di chitarra classica, ero alla maturità e il mio insegnante mi disse di scegliere tra la maturità e la scuola e io avrei scelto la chitarra, ma mia madre non era d’accordo e non ho più fatto niente di musicale, finché ho cominciato a vedere Amici.

Nonostante tutto quello che si può dire, certe cose questa trasmissione in Italia le ha cambiate e ho cominciato a chiedermi se in Italia ci fosse una scuola così: poi ho temporeggiato, mi sono laureato in Architettura al terzo anno, ho cominciato la specialistica, infine sono scappato via e sono andato alla Bernstein School of Musical Theater.

La Bernstein è famosa per essere una grandissima scuola.

Sono uscito nel 2009 da lì, ma quando frequentavo io era molto diversa da ora; oggi ci sono più performer dentro la scuola di Musical; secondo me l’errore che c’era prima e che stanno sanando è che prima in queste scuole insegnavano persone che non facevano Musical.

Da insegnante dico che il problema di tanti allievi che non lavorano è che magari tecnicamente sono forti, ma non hanno idea di cosa sia lo stile nel Musical. Io combatto tutti i giorni; cerco sempre di preparare i miei allievi a focalizzare l’attenzione, gli sforzi sul proprio obiettivo, personalizzandone il percorso.

Fare Musical è diverso da cantare: c’è una preparazione anche fisica diversa, a livello di muscoli gestisci tutte altre cose. I muscoli che intervengono nel canto in un Musical sono diversi da quelli del cantante, solo che la gente non ci pensa; io insegno con Gillian il canto nella danza o la danza nel canto perché ci sono delle cose che funzionano in maniera diversa e questa cosa in Italia ancora non è arrivata.

 

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Parliamo di alcuni dei tuoi lavori. Il ruolo di Priscilla ti è rimasto nel cuore.

Priscilla, tra tutti gli spettacoli che ho fatto, è quello a livello di packaging, di messa in scena più forte sotto tutti i livelli e comunque anche il messaggio che lancia è bello e ho lavorato con gente brava.

Ho fatto solo il primo anno perché poi ho cominciato Grease.

Ecco, Grease: Questa è la tua quarta edizione. Come sei arrivato a Kenickie? Sembra che questo personaggio ti abbia conquistato.

Sì non riesco ad abbandonarlo.

Arrivare da Priscilla a Kenickie è stato uno sconvolgimento.

Saverio Marconi mi disse: “sei l’unica persona che riesce a passare da una drag queen a un super etero”.

In Priscilla ero dimagrito 6 – 7 chili, ero magrissimo; per Kenickie ho dovuto recuperare un po’ di massa.

In questa edizione Kenickie si evolve durante lo spettacolo: non arriva ad essere sensibile all’improvviso, fa un percorso durante la rappresentazione della vita sul palco. Kenickie è un personaggio diverso dagli altri: rispetto agli altri ragazzi del gruppo, lui è indipendente, lavora e si compra una macchina; dimostra un consapevolezza della vita maggiore. Però siete riusciti, te e chi ti dirige, ad arrivare al momento del tentativo di avvicinamento a Rizzo in maniera graduale, con un addolcimento del personaggio che non fa perdere di sensualità.

Sì, all’inizio per Kenickie ho cercato di buttare tutto sulla forza e sull’energia, quindi era molto molto rabbioso, scattoso.

Poi nel tempo ho fatto un percorso e anche Kenickie è maturato; arriva a cambiare nel corso dello spettacolo con naturalezza. Adesso mi sento più sicuro in scena.

Kenickie è stato il primo ruolo grande. Ho sempre lavorato con ruoli, ma erano più piccoli; il ruolo piccolo te lo fai date te, lo custodisci, sei protetto; in un ruolo del genere non sei protetto.

In molti non credevano che sarei riuscito e fare Kenickie.

Ho lavorato tantissimo sul personaggio con Saverio; Chiara Vecchi, la coreografa che ha seguito il mio primo Grease, mi ha insegnato come camminare; poi nel tempo Kenickie ha acquistato un bel po’ di sfumature; quest’anno invece mi hanno fatto rifare tutto, e a me piace tantissimo.

Per esempio, la scena della sedia prima la facevo urlando, invece ora no. Come diceva Shawna Farrell “less is more”, meno fai e meglio è, ed è vero, ora sono un po’più grande e riesco a farlo.

Comunque Kenickie è un personaggio forte.

Sì. Anche se sono sempre in scena, non ho poi tante battute; il mio personaggio cresce anche nelle coreografie e nelle canzoni.

Ne ho due, Grease lightning e Hand Jive e poi il medley, ma sono le canzoni più trascinanti.

E’ quello che dicevi tu del percorso ed è il primo anno che si vede: prima pensavo a Grease a blocchi, a scene, ora invece riesco a vivere lo spettacolo, lo svolgimento.

Prossimi progetti?

Prestissimo sarò in scena con Pinocchio insieme a tantissimi colleghi di Grease, sempre per la Rancia con Manuel Frattini e sempre con la regia di Saverio. Quando Saverio ha cominciato le prove di Grease non si aspettava tante cose: quando ha visto le coreografie di Gillian è rimasto a bocca aperta, è stato come risvegliarsi ed ha rinnovato il suo grande entusiasmo e da lì ha deciso di voler fare Pinocchio con molti di noi.

Già alla lettura del copione, è stato evidente che il mio Gatto non c’entra niente con quello che hanno fatto prima e assolutamente niente con Kenickie; un Gatto un po’ rintronato, un Gatto biondo.

Quando debutterà Pinocchio?

Il debutto sarò a Luglio a Senigallia, poi a Milano, dove saremo al Teatro della Luna a settembre e ottobre in occasione della fine della Expo e poi andremo in tournée.

Quale ruolo ancora vorresti interpretare?

Sicuramente, per il tipo di percorso che ho fatto a livello musicale, Tony in West Side Story. Poi Gesù in Jesus Christ Superstar.

Prima volevo fare sempre Galileo, anche se Galileo ho avuto la possibilità di farlo e ho rifiutato io per fare La Bella e la Bestia .

Sono stato anche in Inghilterra a fare le audizioni per Jesus: sono arrivato fino alla fine e mi sono esibito davanti a Andrew Lloyd Webber.

Mandai la mia candidatura per un programma televisivo, Searching for a Superstar, un programma in cui cercavano Maria e Jesus per JCS.

Inviai la candidatura con una foto con i capelli lunghissimi senza pensare davvero che mi avrebbero preso; invece mi chiamarono pagandomi pure le prime trasferte. Solo il primo giorno di audizioni eravamo in mille; selezionarono in tutto dodicimila persone.

Al sesto step mi convocarono all’ultimo; arrivai lì e mi dissero di non dire a nessuno chi c’era dentro. Entrai e c’era uno dei produttori più famosi del West End e Webber: ero emozionatissimo e cominciai a parlare in italiano nonostante conosca benissimo l’inglese.

Cantai tre pezzi e lui disse: “tu hai una voce soul, ma un’anima rock molto forte, lavoreremo insieme nel call back”.

Ho fatto il call back: siamo passati in 90 su 12000. Ero uno dei pochi stranieri, c’erano i protagonisti dei più grandi musical inglesi; poi 40 su 90 e 20 su 40. Alla fine sono arrivato ventesimo e ne prendevano 18 per il programma.

Forse se fossi rimasto a Londra avrei lavorato, ma sono felicissimo di stare nella Rancia. Questa compagnia mi sta dando tanto: io ho potuto montare i cori di Grease nella produzione ufficiale nazionale e per me è meraviglioso.

Magari tra due anni sarò a Londra, ma ora sono molto contento di dove sono adesso alla mia età.

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Musical, Recensioni, Teatro

MUSICALmente – Be Italian. Lunedì 11 maggio 2015 al Teatro Golden.

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Si è concluso in grande stile lunedì 11 maggio, al Teatro Golden, MUSICALmente la rassegna dedicata al Musical ideata e scritta da Massimo Natale, Ennio Speranza e Stefania Fratepietro.

A fare gli onori di casa la energica, frizzante e iperattiva Stefania Fratepietro, una delle più belle voci del Musical italiano e il simpaticissimo, elegante e talentuoso Maestro Marco Bosco.

MUSICALmente è stato un grande, immenso percorso attraverso la storia del Musical che si è svolto a puntate tematiche.

Sono stati celebrati i lungometraggi musicali a cartone animato; le musiche dei più grandi compositori del ‘900, quelle dei film musicali e dei musical più famosi di Broadway; sono stati fatti rivivere i duetti più significativi del mondo del Musical.

In questo ultimo appuntamento, dal sottotitolo Be Italian, invece, protagonista è stata la produzione italiana a partire dalle indimenticabili Commedie musicali di Garinei e Giovannini fino all’Opera popolare moderna.

Una serata all’insegna della colonna sonora della nostra vita e della celebrazione dei più grandi, e sono tanti, prodotti del genio e del talento italiani.

MUSICALmente – Be Italian è stata un’enorme festa in famiglia, che ha goduto della presenza di tantissimi ospiti eccelsi, tutti grandissimi protagonisti di lavori di immenso valore; professionisti che danno lustro alla tradizione della produzione del teatro musicale in Italia.

Una festa leggera e divertente, anzi entusiasmante per chi ne è stato protagonista, ma anche per lo spettatore.

Perché tra i tanti pregi di questa manifestazione, forse uno su tutti è il più importante: che pur parlando di celebrazione, perché di questo si è trattato, termine usato per conferire una certa solennità quasi sacra all’evento, si può certamente dire che non si è caduti nell’autocelebrazione!

Non si è trattato assolutamente di un evento autoreferenziale; certo si può dire che il Teatro musicale abbia festeggiato se stesso, ma ancora meglio sarebbe dire che i protagonisti del Teatro musicale hanno celebrato lo stesso, rendendo merito e onore a questo grandissimo settore dell’Arte italiana.

Ciò che trapelava “spudoratamente” da quel palco era la gioia di condividere questa festa e la gratitudine degli artisti verso il Teatro stesso.

Non si è trattata di una gara canora o una competizione tra performer, ma della reale, sincera e spontanea condivisione di un mondo vissuto con gioia, partecipazione e gratitudine.

Una condivisione che non era solo degli addetti ai lavori, ma anche col pubblico presente in sala. E’ stato regalare al pubblico appassionato un banchetto preparato con le migliori e più pregiate portate!

Sì, esattamente un banchetto: una tavola imbandita ricca delle pietanze più gustose e succulente.

Lunghissima la lista degli ospiti che si sono esibiti sul palco e ancora più lunga quella dei brani cantati.

Innanzitutto voglio sottolineare la presenza e la partecipazione attiva dell’energico, grintoso e appassionato Maestro Gino Landi, un’istituzione vivente: un onore e una gioia vederlo sul palco improvvisare dei passi di ballo e accennare il motivo di Aggiungi un posto a tavola.

La serata si è aperta con Stefania Fratepietro, Valeria Monetti, Daniele de Rogatis e Piero di Blasio che hanno proposto un medley di Sei perfetto ora cambia, accompagnati al pianoforte da Emiliano Begni.

Poi gli allievi della Scuola Golden si sono esibiti in Gente Matta.

Successivamente la scena è stata illuminata dal ricordo dei brani di alcune tra le più belle Commedie musicali di Garinei e Giovannini: Dentro di me, Abitare una Favola, Non so dir ti voglio bene, Simpatica, Amore fermati, Merci Beaucoup, In un vecchio palco della Scala, Donna, Domenica è sempre Domenica, Soldi soldi soldi, Un bacio a mezzanotte.

Il repertorio è stato cantato da Stefania Fratepietro, Sabrina Marciano, Antonello Angiolillo e, nell’ultimo brano, con loro tre, Cesare Vangeli e il suo tip tap.

Successivamente è stato il momento di ricordare Aggiungi un posto a tavola, un caposaldo/capolavoro della Commedia musicale italiana. Cesare Vangeli, Antonello Angiolillo, Sabrina Marciano, Marco Simeoli, Silvia Delfino, Gabriele Guglielmo e Stefania Fratepietro hanno cantato i brani Sono calmo, Peccato che sia peccato, Clementina, Notte da non dormire, Consolazione, L’amore secondo te.

Sempre ricordando Aggiungi un posto a tavola, è salito sul palco Fabrizio Angelini ad interpretare il Sindaco insieme ai succitati artisti.

Una curiosità: Stefania, tra le tantissime sue interpretazioni da protagonista non annovera quella di Clementina. Quindi, ora, è come se un po’avesse fatto anche questo ruolo. Inoltre, ha lavorato spesso insieme a Fabrizio Angelini, ma non sulla stessa scena, quindi questa è stata anche una bella occasione per vederli insieme.

Proseguendo, il Maestro Dino Scuderi ha poi presentato i suoi lavori insieme ad Antonello Angiolillo e Stefania Fratepietro.

Mauro Simone ha interpretato Purpose (Avenue Q) e poi, con Stefania e Roberto Colombo Voglio andare via dal musical Pinocchio.

Niccolò Moriconi ha presentato il suo singolo Un uomo migliore.

Per la sezione Opera popolare moderna, Stefania Fratepietro ha incantato il pubblico con le versioni originali in francese di Zingara e Vivere per amare da Notre Dame de Paris e Robert Steiner ha cantato Bella e Il tempo delle cattedrali sempre da NDdP.

E’ stata poi la volta di Rugantino con la Ballata di Rugantino e con la splendida e calda voce di Andrea Perrozzi che ha incantato e commosso il pubblico con Tirollallero e Ciumachella. Poi Anvedi che paciocca e Roma nun fa la stupida stasera con Stefania.

Infine, Raffaella Misiti si è esibita col brano L’Omo mio.

L’ultimo blocco ha visto salire sul palco insieme a Stefania Fratepietro e Andrea Perrozzi, Floriana Monici.

I tre artisti si sono esibiti in un bellissimo e accalorato medley da Scugnizzi.

La magica serata si è conclusa con i saluti finali di tutti gli artisti che hanno dato vita all’evento più molti di quelli degli appuntamenti precedenti: sul palco hanno cantato e ballato Aggiungi un posto a tavola.

Oltre alla tanta ottima musica, la serata è stata occasione per raccontare aneddoti divertenti e curiosità legate ai vari spettacoli e ai vari allestimenti.

MUSICALmente è stato un evento di più serate unico e prezioso; un modo per celebrare e festeggiare una forma di spettacolo e di Arte che coinvolge un pubblico sempre maggiore e sempre più appassionato.

C’è da riconoscere che quando Stefania Fratepietro organizza un evento si tratta sempre di qualcosa di particolarmente bello, emozionante e dall’ottima riuscita. Amici, addetti ai lavori e pubblico si mobilitano per essere presenti e per godere insieme della reciproca compagnia e dell’Arte che viene rappresentata.

Sono certo che nuove grandi sorprese ci aspettano per il prossimo imminente futuro.

Io sono già pronto…e voi?

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Interviste, Teatro

INTERVISTA A FLORIANA MONICI.

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Floriana Monici, classe…da vendere!

Un curriculum lungo e importante: danzatrice, attrice, cantante, performer teatrale, una delle protagoniste di spicco del Musical italiano.

Dopo gli studi di danza, nel 1999 entra a far parte della Compagnia della Rancia fondata Saverio Marconi e viene scritturata per i seguenti musical: Grease con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia, in cui faceva parte dell’ensamble; Hello Dolly con Loretta Goggi e Paolo Ferrari. In questa occasione le viene affidata la sostituzione di uno dei ruoli principali dello spettacolo.

Studia recitazione e canto nelle più grandi scuole italiane e a New York con insegnanti di spicco internazionale.

Dopo i lavori succitati arrivano: A qualcuno piace caldo, Sette spose per sette fratelli, Tutti insieme appassionatamente.

Nel 2004 riprende Grease, questa volta nei panni della deuteragonista, Rizzo.

Si diverte a recitare nel suo dialetto ( il napoletano) in 80 Voglia di 80 diretta da Fabrizio Angelini nel ruolo di Maria Pia per la compagnia “Il nido del cuculo” con Paolo Ruffini.

Nel 2008 interpreta Maggie nel musical A Chorus line diretta da Byork Lee e Saverio Marconi e nell’anno successivo interpreta il ruolo di Cassie.

Nel 2011 torna nella a far parte della Compagnia della Rancia interpretando il ruolo di Jellilora nel musical Cats e poi Happy Days nel ruolo di Pinky Tuscadero.

Vicino a Paolo Ruffini e Manuel Frattini interpreta il ruolo di Genoveffa nel musical Cenerentola.

Da quest’anno torna nei panni di Rizzo per la nuova versione di Grease diretta da Saverio Marconi.

Queste alcune delle attività principali di questa grande e umile artista.

Partiamo dall’inzio: nel 1999 entri nell’ensemble di Grease, lavorando con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia e con tantissimi altri artisti che nel tempo si sono affermati nel panorama italiano del musical. Che ricordi hai?

Sono entrata in Grease dopo il debutto a Milano e al Teatro Sistina di Roma: in quell’anno si cominciò con le torunée nei palazzetti: a Roma eravamo al Pala Grease con un grandissimo cast composto, oltre che da Lorella e Giampiero da altri grandissimi artisti: Cristian Ruiz, Renata Fusco, Giuseppe Galizia, Gabriele Foschi e tanti altri. Rimasi nell’ensemble per tutte le edizioni di Lorella.

Poi, nel 2004, ti viene assegnato il ruolo di Rizzo.

Sì, in quell’edizione ero con Dennis Fantina, Flavio Montrucchio, Michele Carfora, Francesco Guidi, Riccardo Simone Bordini per ricordarne alcuni.

Come è cambiato Grease negli anni e come è cambiata Rizzo?

Di sicuro Grease agli esordi è stato creato per un cast come quello di Lorella, Giampiero, Renata e Michele con la regia di Saverio Marconi, che aveva iniziato da qualche anno a portare il musical in Italia: lo spettacolo era pomposo, con la band dal vivo, e già questo è un grande elemento fondamentale, e in più le bellissime coreografie di Franco Miseria, allora davvero in voga e che all’epoca creò delle cose bellissime per Grease.

Negli anni Franco purtroppo non ha più gestito direttamente il lavoro che è così passato alle assistenti e alle assistenti delle assistenti e a chi faceva parte del cast che ha riallestito e riallestito e un po’ di elementi di stile si sono andati a perdere.

Quest’anno, invece, si è partiti con la decisione di cambiare un po’ tutto, partendo dagli arrangiamenti e automaticamente anche le coreografie perché non erano adattabili: abbiamo cominciato facendo le nuove coreografie con Gillian Bruce sulle musiche originali vecchie che ci sono servite, ma in questi arrangiamenti (curati dal direttore musicale Riccardo di Paola) i suoni sono diversi, gli strumenti utilizzati sono diversi ; quest’anno abbiamo suoni più asciutti, da garage, con batteria e chitarra, lì c’era più orchestrazione nonostante non fossero tantissimi gli elementi della band, però erano sul palco, con giacche rosa e cravatte in paillettes sul podio.

Con questa nuova edizione Saverio ha lavorato tantissimo per quanto riguarda tutto il lato della recitazione perché purtroppo negli anni, appunto , essendo passati da un regista all’altro, questo spettacolo e i suoi personaggi hanno un po’ cambiato forma, purtroppo spesso e volentieri diventando un po’ delle macchiette: questa la critica mossa in questi anni allo spettacolo.

I personaggi erano troppo finti; io ho partecipato a diverse edizioni e, sono sincera, quelle a cui ho preso parte io non erano così macchiettistiche; ho recitato nelle edizioni in cui Fabrizio Angelini ha curato, si può dire, la regia, era coregista insieme a Saverio.

Fabrizio, venendo da un background forte, ha fatto A Chorus line (nel quale ho lavorato anche io), ha lavorato sui personaggi , ha fatto un percorso sugli attori in Grease come ha fatto per A Chorus line, quindi chiedendoci di ricostruire un background del personaggio, la sua storia, le provenienza, la famiglia, uno studio completo del personaggio.

Che poi, questo spettacolo porta un po’ a strafare ogni tanto: invece Saverio quest’anno ha imposto la verosimiglianza e infatti siamo tutti molto realistici in scena, non siamo così esasperati.

Le coreografie, poi, hanno dato una bella botta di energia.

A me sono piaciute molto, le ho trovate molto in linea con gli arrangiamenti musicali.

Sì, è vero, sono molto belle e in linea con gli arrangiamenti musicali.

Le canzoni sono cambiate tantissimo; sono rimaste uguali Sandra D, la canzone di Doody, (Magiche Note), la canzone la Kenickie (Hand Jive), Teen Angel, poi tutte le altre sono cambiate.

Franco Travaglio ha lavorato ricreando i suoni dell’inglese, soprattutto per la mia canzone (ride).

Quando ho ascoltato la canzone di Sandy, Hopeless devoted to you, ho proprio sentito che ci sono dei suoni che appartengono all’inglese, ci sono delle assonanze.

Nella mia canzone, poi, questo si avverte davvero tanto, tanto è vero che quando abbiamo inciso il cd Marco Iacomelli mi ha fatto ascoltare il brano in inglese prima di ricantarlo.

Però ho trovate buone soluzioni nei testi; in quelli originali, forse, c’era una metrica diversa.

Sì, ma erano più facili da cantare; qui ci sono più sillabe, sono più difficili da cantare, più sillabe significa più note.

All’inizio non è stato facile, era come dire “da oggi s’impara un nuovo Ave o’Maria; in più per me e per Gianluca Sticotti, che facevamo parte del vecchio cast, nell’abbinare le nuove parole a i nuovi passi c’è stato un attimo di spiazzamento, poi, quando sono arrivati i nuovi arrangiamenti, siamo impazziti!

Come è cambiata la tua Rizzo in questi anni?

La mia Rizzo, più che per l’aspetto musicale, è cambiata nell’approccio psicologico, anche perché adesso intorno ho persone che lavorano mentalmente come me.

Negli anni passati io provavo già a fare un discorso attoriale di questo tipo, proprio perché avendo già fatto A Chorus line, c’era già uno studio del personaggio dietro e quest’anno questo è stato fatto con tutto il cast; c’è un ascolto in scena che forse prima non c’era.

Rizzo è cresciuta, ma in realtà ha fatto una regressione: io sono cresciuta in età biologica, ma in scena devo sempre tornare indietro e mi piace lavorare sui miei 18 anni, sulla mia adolescenza.

Quest’anno dimostro anche meno anni, soprattutto grazie al lavoro stilistico meraviglioso fatto da Carla Accoramboni che ha preparato dei costumi strepitosi: in moltissimi ci dicono che sembriamo quelli del film e questa è una cosa meravigliosa, perché questo Grease non puoi paragonarlo a nessun altro fatto in questi anni; è una versione cinematografica, che oggi è una cosa a buona.

A me, per esempio, di questo spettacolo piace l’opening perché è cinematografico, potrebbe diventare tranquillamente un videoclip; infatti, nell’ultimo promo uscito, fatto molto bene, sembra veramente la sigla di una serie televisiva.

Quindi Rizzo nel suo percorso è cresciuta tanto, ma nel tornare indietro è molto meno aggressiva rispetto agli altri anni, proprio perché evidentemente, essendo più grande io, tante cose del mio carattere le ho smussate; essendo diversa io, non ho più bisogno di portarmi in scena tutte le smanie dei 20 anni o dei 25, e la preferisco; è una Rizzo che mi piace molto, introspettiva, ma più leggera, una che lascia andare di più le cose.

L’unico momento in cui viene fuori il vero dramma di Rizzo è quando pensa di essere in cinta: però, mentre una volta c’era solo tanta rabbia adesso c’è anche il riconoscere che dall’altra parte c’è un compagno che fa sentire la propria presenza.

Quel momento è un momento destabilizzante per Rizzo perché comunque il loro rapporto è sempre stato duro, e lì Kenickie si mostra quasi paterno, dolce e lei si destabilizza; pensa “che faccio? Mi butto tra le sue braccia e piango o mantengo la mia solita posizione di durezza?” E decide di mantenere la sua solita posizione dura.

Però tutto questo lavoro, una volta, non veniva fatto, e adesso è proprio bello andare in scena così.

Grease è finora sempre stato rappresentato o inteso solo come messa in scena, invece in questa edizione si legge un percorso che non racconta una giornata o due ore di amicizia, ma c’è un trascorrere del tempo, lo vedi nel climax dei personaggi.

Rizzo è dipinta a tutto tondo come la donna forte, ma anche orgogliosa che resta sorpresa quando tutti se ne vanno e nel momento dello sconforto, in preda a tutte le sue debolezze, resta accanto a lei solo Sandy e si chiede perché e non vuole crollare. La canzone Sbaglierei molto di più è l’orlo del precipizio di Rizzo, dal quale lei, però, non si butta, infatti dice: “se piangessi un po’ di più sbaglierei molto di più”.

Grease ti ha preso, ti ha conquistata, ami molto il tuo personaggio; però so che avresti voglia anche di fare altro.

A me piacerebbe molto fare prosa, anche per staccarmi da quello che è considerato il Musical; il Musical non è una lavoro leggero come molti pensano, c’è un lavoro sugli attori che molti non capiscono perché non si avvicinano al nostro mondo e perché, negli anni, è stato scarsamente considerato, per colpa anche della presenza di troppe produzioni che non hanno fatto buoni lavori.

Se volessi fare prosa probabilmente dovrei cancellare dal mio curriculum tutti i lavori di musical perché non verrei presa in considerazione, invece questi produttori di prosa o registi dovrebbero capire che forse chi fa Musical da tanti anni, ha una disciplina poi rafforzata sul palco.

Ho lavorato con grandi attori, come Gassman, Tognazzi, Paolo Ferrari, Loretta Goggi. Io ho imparato con loro; l’improvvisazione io l’ho imparata con Paolo Ferrari il quale, una volta, vedendomi ripassare le battute dietro le quinte mi chiese cosa stessi facendo e quando siamo entrati in scena mi ha cambiato completamente tutte le battute; quella è stata la prima lezione vera di teatro in vita mia.

Tu, però, mi parlavi anche della prosa nel tuo dialetto, il napoletano.

Sì, perché la Campania non mi conosce. Il Musical si ferma a Roma, non scende.

Napoli ha un cultura teatrale enorme che ha un grosso peso: vengono dal teatro di Edoardo, hanno vissuto Totò, amano altro, sono restii ad avvicinarsi a questo.

Il pubblico è cambiato in tutta Italia: se non sei un personaggio uscito dalla televisione, non hai quella pubblicità che magari può avere uno spettacolo come il nostro, che è bello e fatto da grandi artisti che, però, non sono “famosi”.

A me piacerebbe lavorare nella mia terra per riuscire a portare tutto il mio bagaglio di diciassette anni di lavoro e portarlo giù e confrontarmi col pubblico e lo vorrei fare in dialetto; ho fatto una sola cosa in dialetto con Paolo Ruffini 80 voglia di 80 e mi è piaciuto moltissimo.

Il napoletano è una lingua e ho realizzato di avere a disposizione un’altra lingua con la quale esprimermi e automaticamente cambia anche l’interpretazione; mi divertirebbe tantissimo provare una cosa del genere.

Tipo? In cosa vorresti cimentarti?

Una commedia di De Filippo, Natale in casa Cupiello o Napoli milionaria, quelle cose che anche agli occhi degli altri ti danno una credibilità diversa.

Però anche nella prosa ci sono delle caste, non ci entri. Invece bisognerebbe sempre guardare gli altri, lasciarsi stupire.

Tu hai lavorato anche in America, poi perché sei tornata?

Sì lavoravo in America e mi piaceva, ma poi mi ha chiamato Renzullo per Grease e sono tornata.

Sta diventando più difficile lavorare all’estero, se ne stanno a andando via tutti dall’Italia: in quanto italiani abbiamo una preparazione sulla danza maggiore dei tedeschi,per esempio, anche se adesso il livello si sta alzando molto. Ecco perché noi italiani prendiamo i lavori all’estero, perché abbiamo livelli più alti e in Germania, per esempio, siamo visti come quelli che rubano il lavoro. Basti vedere ora in Germania le produzioni di Aladdin e Tarzan sono fatte per metà da ballerini italiani.

Come si può avvicinare il pubblico al teatro?

Oggi soffriamo di prodotti televisivi di bassissimo livello. Io ricordo gli spettacoli di un tempo, c’era il varietà, erano contenitori artistici; oggi sono tutti talk show dove la gente non fa altro che litigare per rispondere ad un desiderio di voyeurismo.

Si dovrebbe partire dalla tv perché è il mezzo più immediato; trasmettere più programmi culturali, spettacoli di teatro, balletti, opera.

E’ la famiglia che deve aiutare ad avvicinare i ragazzi al teatro e alla cultura in genere; manca la cultura del teatro. Oggi la multimedialità ti offre tutto, ti mette a disposizione tutto, puoi trovare ogni cosa on line, ma manca uno spirito critico per poter scegliere cosa cercare e cosa vedere, manca una curiosità intellettuale.

Mia mamma sin da piccola mi portava a vedere l’Amleto, mi portava al San Carlo a vedere opere come Così fan tutte e Lo schiaccianoci. Tutt’ora la mattina quando sono da mia madre lei ascolta musica classica; certo ascoltavo anche altro (Pink Floyd…); io da sola mi sono avvicinata al pianoforte e la mia insegnante di danza ci incitava a cercare materiale sui danzatori che studiavamo; oggi è tutto lì a disposizione ma non sai nemmeno cosa cercare. Lì sta ai maestri, alle famiglie indirizzare verso la cultura non solo musicale, e questo in Italia manca.

Ringrazio tantissimo Floriana Monici per questa meravigliosa chiacchierata con la quale è riuscita a trasmettere tutta la passione e la gioia che ha nel fare questo duro, ma splendido lavoro e le auguro davvero di raggiungere gli obiettivi che si propone, perché se lo merita, umanamente e artisticamente.

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