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Recensioni, Teatro

Forbici & Follia – Sala Umberto, 27 gennaio 2015. Prima.

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Il delitto è servito, scopriamo l’assassino!

Forbici & Follia di Paul Portner nasce in origine come dramma interattivo per poi trasformarsi, nel tempo, proprio in virtù della interazione col pubblico, in una commedia grazie a Bruce Jordan e Marylin Abrams che lo arricchirono di volta in volta con battute e riferimenti all’attualità.

La versione italiana di Marco Rampoldi nasce dal progetto artistico di Gianluca Ramazzotti e vede la regia dello stesso Rampoldi.

Come nei vecchi giochi da tavola o nei moderni giochi di ruolo, lo spettatore diventa protagonista in quanto testimone oculare di un omicidio e sarà chiamato a svelare il nome dell’assassino.

Andiamo per gradi.

La scena si svolge in un salone da coiffeur in un tempo che è sempre quello presente, il momento stesso in cui la scena viene rappresentata e in un luogo che è e sarà sempre la città in cui al momento viene rappresentato lo spettacolo.

Ancor prima che questo cominci, mentre il pubblico prende posto in sala, in quella dimensione in cui comunemente attori e spettatori sono divisi nei rispettivi ruoli, i simpaticissimi protagonisti cominciano a rompere questo muro immaginario comparendo sul palco e interpretando divertentissime scenette.

Non appena la sala è gremita e il pubblico pronto, comincia lo spettacolo.

Roberto (Ciufoli) è il proprietario eccentrico del salone che prova a sedurre tutti i clienti maschi; Michela (Andreozzi) la sua aiutante un po’ sfacciata che viene dalla periferia; Barbara (Terrinoni) la facoltosa cliente, altera, algida, mai tenera; Nino (Formicola) un ambiguo antiquario/rigattiere. Mentre i quattro si muovono all’interno del salone, tra battute equivoche e pettegolezzi, al piano di sopra viene uccisa una vecchia pianista.

Tutti e quattro hanno un movente che giustificherebbe l’omicidio; tutti e quattro hanno qualcosa da nascondere.

E’ a questo punto che comincia l’indagine del severo e sagace commissario Nini (Salerno) e dell’agente speciale e confusionario Raffaele (Pisu), precedentemente fintisi clienti del salone, ma, in realtà, agenti in borghese che dovranno, ora, interrogare tutti quelli presenti nel salone e ricostruirne i movimenti, con l’aiuto del pubblico!

Gli spettatori, infatti, sono chiamati a testimoniare su quanto visto, correggere le deposizioni dei sospettati e porre loro domande decidendo, alla fine, chi sia l’assassino.

E’ qui che la quarta parete crolla e la scena si apre coinvolgendo l’intero teatro.

Forbici & Follia è un esilarante spettacolo; davvero intrigante per la sua formula che coinvolge lentamente l’intero pubblico portandolo a interagire con gli attori protagonisti. Questo meccanismo porta necessariamente gli attori a improvvisare di fronte alle sempre più incalzanti domande del pubblico e alla diffidenza verso il presunto colpevole che ognuno nutre in sé. Una volta che la scena è stata svolta, si recita a soggetto: tutti i protagonisti devono confrontarsi con le domande e le allusioni del pubblico rispondendo prontamente e coerentemente con l’azione appena svoltasi.

Roberto Ciufoli e Michela Andreozzi regalano momenti di altissima comicità e una straordinaria capacità di improvvisazione, rapida e incisiva che non lascia il tempo di pensare a “cosa potranno dire ora?”, creando anche momenti di divertente e genuino imbarazzo sul palco.

Il ritmo, sempre incalzante, tenuto brillantemente dai protagonisti, coinvolge progressivamente il pubblico come una partita di pallavolo, dove quello che conta è il gioco di squadra e non l’azione del singolo e la palla va passata tra i vari giocatori che, a turno, fanno la loro schiacciata e segnano il punto e il punto è della squadra!

Interessante pensare a come l’attenzione all’individuo torni nel momento di trovare un colpevole. Sì perché Forbici & Follia nasce dalla penna dello psicologo svizzero Paul Portner come testo per sondare i processi di interpretazione della realtà e, pur nella trasformazione in divertentissima commedia, mantiene questo suo interesse nei confronti della reazione dell’individuo, nel modo in cui la realtà viene recepita ed elaborata per poi trarre dei giudizi.

E’ da sottolineare che, proprio per il suo carattere interattivo e la grande componente di improvvisazione che vi è alla base, la commedia sarà uno spettacolo diverso ogni sera, dove, a seconda delle domande e osservazioni del pubblico, l’assassino potrà essere di volta in volta un personaggio diverso.

Una commedia da vedere e da vivere dove il divertimento è assicurato!

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Recensioni, Teatro

Festival dei Nuovi Tragici – Teatro Lo Spazio, 24 gennaio 2015

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Si conclude oggi, al Teatro Lo Spazio di Roma, il Festival dei Nuovi Tragici, una rassegna di monologhi comici scritti e diretti da Pietro de Silva, attore, commediografo e regista che ha all’attivo una lunghissima carriera ed un elenco interminabile di produzioni e partecipazioni televisive e cinematografiche, un uomo di talento che ha avuto il privilegio, meritato, di essere stato scelto dai più grandi registi.

Da Sing Sing a La Vita è Bella, da Non ti muovere a Nessuno mi può giudicare; poi Don Matteo, Boris, Giovanni Falcone…la lista è davvero lunga.

Pietro de Silva è un artista che non ha mai smesso di camminare, pensare e fare, di creare; un sognatore, un po’ bambino, un po’ folle.

Tra il 1990 e il 2003, Pietro scrive 63 monologhi comici che porta in scena al Teatro dell’Orologio di Roma. Ad interpretare questi monologhi nel corso della prima rassegna furono 80 attori allora esordienti o in cerca di conferma e che oggi sono grandi nomi nel panorama italiano: Enrico Brignano, Flavio Insinna, Paola Cortellesi, Francesco Pannofino, Neri Marcoré, Massimiliano Bruno, Paola Minaccioni, Valerio Aprea e tanti altri.

Oggi, Pietro riporta in scena il Festival dei Nuovi Tragici al Teatro Lo Spazio di Roma: ogni sera cinque monologhi vengono recitati da cinque attori diversi per sei sere. Una grande opportunità, quindi, per moltissimi ragazzi e ragazze di cimentarsi in un monologo su un palco come professionisti.

Per la maggior parte questi attori e attrici arrivano dalla Fonderia delle Arti e sono allievi di recitazione di Pietro presso la suddetta scuola.

I monologhi sono freschi e divertenti. Il dubbio che avevo, sapendo che la data di composizione è piuttosto in là nel tempo, era che mancassero di attualità. Invece no.

Ecco il merito, forse il più grande, di questi monologhi: raccontano di temi sempre attuali, sempre veri, sempre vicini. Posso immaginare, ma non lo so, che ci sia stato qualche adattamento del testo e, chissà, forse del linguaggio, ma il grande nucleo, l’idea centrale e forte, il corpo solido di questi monologhi è lo stesso di dieci o venti anni fa e questo ne fa delle opere straordinarie: una scrittura che resiste al tempo, che è sempre attuale, sempre presente. E’ qui che sta, anche, la bravura di un autore, scrivere qualcosa che non si fissi in un solo momento, ma racconti sempre qualcosa di noi stessi al di là del tempo e dello spazio.

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Recensioni, Teatro, Teatro

Trasteverini – Teatro 7, 21 gennaio 2015

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Straordinaria commedia musicale di Andrea Perrozzi e Gianfranco Vergoni, dalla scrittura fresca, agevole e immediata, interpretata da veri talenti. Esilarante, commovente, coinvolgente grazie anche all’attenta e fluida regia del grande Fabrizio Angelini e all’assistente alla regia Viviana Tupputi. Un racconto che non cerca strade facili o soluzioni semplicistiche né nel recitato, né, tantomeno, nella partitura e nel cantato.

Dario (Andrea Perrozzi) ed Enrico (Enrico D’Amore)sono due ragazzi trentenni amici da sempre, che hanno diviso e condiviso tutto nella vita; due anime pure che si specchiano l’una nell’altra nel segno della più grande, profonda e sincera amicizia. Due ragazzi che amano cantare e sognano di diventare dei professionisti, ma non hanno i mezzi per fare il salto e si accontentano di un ingaggio come cantanti in un ristorante.

Vivono una vita semplice fatta di sogni, onestà, tanti buoni propositi e delusioni.

Con loro e intorno a loro si muovono gli altri personaggi, tutti protagonisti, in quella magica e suggestiva cornice che è il cuore di Roma e della romanità, Trastevere.

Annina, la sorella di Dario (Francesca Lula Cinanni), l’unica del gruppo che studia per cercare di “diventare qualcuno”; le sue amiche del cuore, Iva (Roberta Marini) e Sara (Valentina Naselli) con le quali Annina divide anche i vestiti; Adriana (Elisabetta Tulli), fidanzata di Dario, che lavora al ristorante del padre e tollera tutti i capricci dettati dalle aspirazioni del suo ragazzo e dalla sua poca voglia di lavorare; un impresario farabutto (Alessandro Salvatori) e la sua segretaria particolare Gabriella (Irene Cedroni), stufa di una vita fatta di bugie, imbrogli e compromessi; uno strozzino e spacciatore Mirko (Tiziano Caputo). I personaggi non sono accennati, ma caratterizzati psicologicamente e approfonditi nelle loro diversità caratteriali.

Otto persone, otto storie; storie di tutti i giorni, storie difficili: la mancanza di lavoro, pochi soldi, molti problemi e tanti sogni. Storie di ordinaria miseria, dove i ragazzi cercano di sopravvivere con i pochi mezzi a disposizione e dove c’è chi si vuole approfittare dei loro sogni per trarne un vantaggio (“Tutto al mondo ha un prezzo, anche i sogni”). Storie all’insegna dell’amicizia più pura che dovrà affrontare il tradimento passando per il dubbio.

Otto sono le sedie vuote sul palco a inizio spettacolo e sipario aperto. Ci sono, però, altri personaggi “minori” interpretati con grandissima abilità, simpatia, immediatezza e versatilità da Alessandro Salvatori; egli infatti non è solo l’impresario truffaldino, ma anche il cantastorie, il presentatore, il padre e la madre di Dario e Annina, il padre di Adriana, il commissario di polizia, il cantante di strada…

Trasteverini è un’opera leggera all’ascolto, ma profonda, vera, come la più sincera e schietta romanità che qui viene rappresentata in tutte le sue tinte. “Siamo romani, trasteverini” cantano i nostri personaggi, mettendo il cuore in questa affermazione, l’orgoglio di chi sa cosa significa essere trasteverino. Una storia di onestà, amicizia e ottimismo, dove viene raccontata la vita vera e vengono vissuti i sentimenti puri.

Il testo è di Gianfranco Vergoni; le musiche di Andrea Perrozzi e le liriche di Veruska Armonioso, Gianfranco Vergoni, Elisabetta Tulli ricreano lo stile degli stornelli romaneschi e delle canzoni della tradizione romana. Fresche, pulite, dirette, sempre col cuore in mano. Canzoni che seppur romane, travalicano i confini del rione per acquisire carattere universalmente valido. I trasteverini sono, tradizionalmente, popolani tenaci, fieri e genuini e diventano qui paradigmi in cui chiunque, anche un non romano, può identificarsi.

A dare vita alla colonna sonora di questo spettacolo le bellissime voci di tutti gli interpreti diverse tra loro, ma che si fondono in un’ottima polifonia e perfetta fusione nei momenti corali. Perché Trasteverini è uno spettacolo corale, collettivo, dove le singole voci si staccano per raccontare la propria storia e poi tornare nel gruppo.

Eccellente l’interpretazione recitativa di tutti i protagonisti.

Trasteverini è una commedia musicale che meriterebbe di rimanere in cartellone per mesi e anche più; una commedia che sta riscuotendo enorme successo e tutte le sere è sold out.

E’ forse il segno di una rivoluzione in atto nel teatro e nel pubblico italiani?

Io lo spero.

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